Per l’ottavo anno consecutivo il World Press Photo, il prestigioso concorso di fotografia giornalistica, fa tappa a Bari dal 1 Ottobre al 1 Novembre presso il Teatro Margherita.
Giovedì pomeriggio ho avuto il grande privilegio di poter visitare la mostra prima dell’orario d’apertura al pubblico.
È stata un’esperienza molto forte che mi ha fatto riflettere su alcuni temi, sulle nuove sfide che ogni uomo sta affrontando e deve affrontare.
La mostra allestita presso il teatro Margherita è un viaggio nelle emozioni umane, nelle sofferenze, negli eventi e nei traguardi raggiunti nell’ultimo anno.
Avrò modo di parlartene con calma.
Inizia il nostro viaggio nel mondo del World Press Photo.
World Press Photo
Il concorso nasce nel 1955 da un gruppo di fotografi olandesi che organizzarono il primo concorso internazionale (“World Press Photo”) per presentare i loro lavori ad un pubblico globale.
La Fondazione World Press Photo si distingue per essere una delle maggiori organizzazioni indipendenti e no-profit impegnata nella tutela la libertà di informazione, inchiesta ed espressione, promuovendo in tutto il mondo il fotogiornalismo di qualità.
Con il passare degli anni l’iniziativa ha acquistato sempre più prestigio diventando uno dei concorsi fotografici più importanti al mondo.
Ogni anno la mostra viene allestita in oltre 120 città in 50 Paesi, raggiungendo milioni di persone.
Lo scopo del World Press Photo è quello di premiare l’eccellenza del giornalismo visivo e della narrazione digitale.
L’edizione 2020
La mostra 2020 presenta i risultati del 63° concorso World Press Photo annuale.
Il concorso premia i fotografi professionisti che nell’anno precedente hanno realizzato gli scatti migliori, presentati come foto singole o in forma di reportage, dando un contributo prezioso al giornalismo visivo di qualità.
Quest’anno il concorso ha visto la partecipazione di 4.282 fotografi di 125 Paesi che hanno presentato complessivamente 73.996 immagini.
Le narrazioni visive sono giudicate in base alla loro capacità di offrire uno spaccato autentico, accurato e coinvolgente del mondo in cui viviamo.
Le fotografie vincitrici vengono sottoposte a un rigoroso processo di verifica, al fine di garantire l’attendibilità delle scene osservate dai fotografi.
Il concorso è giudicato da una giuria internazionale formata da illustri esponenti della fotografia.
La giuria, la cui composizione cambia ogni anno, è indipendente dalla Fondazione World Press Photo e sceglie a sua totale discrezione le fotografie vincitrici e le storie che raccontano.
World Press Photo of the year
Il concorso di World Press Photo rappresenta e concentra i più alti standard della fotografia d’attualità nella foto vincitrice dell’anno, la “World Press Photo of The Year”, selezionata nell’ambito di diverse categorie: Contemporary Issues, Environment, General News, Long-Term Projects, Nature, Portraits, Sports e Spot News.
Alcune delle immagini premiate con questo titolo sono diventate iconiche, altre hanno stabilito dei trend, altre ancora hanno influenzato il fotogiornalismo tanto da mutarne lo stile e dettarne gli standard.
La giuria del Concorso fotografico 2020 ha premiato l’immagine Straight Voice del fotografo giapponese Yasuyoshi Chiba come World Press Photo of the Year.
Nell’immagine, vediamo un giovane, illuminato da telefoni cellulari, recitare poesie di protesta mentre i manifestanti intonano slogan per chiedere il governo civile, durante un blackout a Khartoum, in Sudan, il 19 giugno 2019.
Yasuyoshi Chiba, vincitore di World Press Photo of the Year, ha dichiarato:
“Il posto era un blackout totale. Poi, inaspettatamente, le persone hanno iniziato a battere le mani nell’oscurità. La gente alzava i cellulari per illuminare un giovane al centro. Ha recitato una famosa poesia di protesta, improvvisata. Tra il fiato e l’altro, tutti gridavano “thawra”, la parola rivoluzione in arabo. La sua espressione facciale e la sua voce mi hanno impressionato, non riuscivo a smettere di concentrarmi su di lui e ho catturato il momento. “
Le proteste erano iniziate nella città orientale di Atbara, in Sudan nel dicembre 2018, secondo quanto riferito contro il triplo del prezzo del pane, ma poi si sono allargate e si sono diffuse rapidamente in tutto il paese. Entro aprile 2019, i manifestanti hanno chiesto la fine del governo trentennale del dittatore Omar al-Bashir, che è stato rimosso dall’incarico l’11 aprile con un colpo di stato militare.
Le proteste sono continuate, chiedendo il passaggio del potere a gruppi civili.
Il 3 giugno, le forze governative hanno aperto il fuoco sui manifestanti disarmati. Decine di persone sono state uccise e molte altre sono state oggetto di ulteriori violenze. Tre giorni dopo l’Unione africana ha sospeso il Sudan, nel mezzo della diffusa condanna internazionale dell’attacco.
Le autorità hanno cercato di disinnescare le proteste imponendo blackout e chiudendo Internet.
Gli scatti che mi hanno emozionato
Come avrai capito, ogni scatto presente alla mostra non è solo una fotografia. Ogni immagine ha davvero tanto da raccontare.
Camminando tra le varie sale della mostra ho avuto la possibilità di realizzare un viaggio nella storia e nelle emozioni umane.
Ho scoperto tante storie, tradizioni che non conoscevo, volti e rivoluzioni.
Mi sono commosso dinanzi ad alcuni scatti.
Altri, invece, mi hanno fatto davvero riflettere.
Ho pensato di inserire nell’articolo alcune delle foto che in particolare hanno catturato la mia attenzione.
Mi è sembrato giusto inserire anche una piccola didascalia.
Potete trovare tutti gli approfondimenti sul sito del World Press Photo.
Cile: la ribellione contro il neoliberismo di Fabio Bucciarelli
Le donne di Santiago, in Cile, eseguono “Un violador en tu Camino” (A Rapist in your Path), una canzone di protesta che è diventata virale ed è stata usata in tutto il Sud America.
Molti indossano sciarpe rosse e rossetto che simboleggiano la natura sessuale delle aggressioni e sono bendati in solidarietà con le persone accecate dalla polizia.
Addio finale di Alain Schroeder
Il corpo di un orangutan di un mese giace sul telo chirurgico di una squadra di soccorso, vicino alla città di Subulussalam, Sumatra, Indonesia.
È morta poco dopo essere stata ritrovata con la madre ferita in una piantagione di palma da olio.
Black Drag Magic di Lee-Ann Olwage
Belinda Qaqamba Ka-Fassie, un’artista e attivista drag, posa in uno shisanyama – uno spazio comunitario dove le donne cucinano e vendono carne – a Khayelitsha, una cittadina situata a Cape Flats, vicino a Città del Capo, in Sud Africa.
Parente piange il volo ET 302 vittima dell’incidente di Mulugeta Ayene
Una parente di una vittima dell’incidente aereo del volo Ethiopian Airlines ET302 le getta terra in faccia mentre è addolorata sul luogo dell’incidente, vicino ad Addis Abeba, in Etiopia.
Il giovane baleniere di Katie Orlinsky
Josiah Olemaun, un giovane baleniere, si prende una pausa dall’accatastamento di carne di balena nella ghiacciaia di famiglia a Utqiaġvik, Alaska, USA. Una singola balena può nutrire una comunità per quasi un anno, se la carne è adeguatamente conservata.
Hafiz: guardiani del Corano di Sabiha Çimen
Elif (9), un nuovo studente in una scuola del Corano a Rize, in Turchia, indossa per la prima volta l’hijab.
I musulmani che memorizzano completamente il Corano possono usare il titolo “Hafız” prima dei loro nomi. Credono che chiunque memorizzi il libro sacro e ne segua gli insegnamenti sarà ricompensato da Allah e aumenterà di status in Paradiso.
La pratica risale ai giorni in cui l’analfabetismo era molto diffuso e la carta e la pergamena erano proibitivamente costose, quindi gli hafız erano visti come custodi della parola sacra, mantenendola in vita per le generazioni future. Il Corano ha 6.236 versetti e il loro impegno nella memoria si ottiene solitamente con la ripetizione e la recitazione.
In Turchia esistono migliaia di scuole coraniche per questo scopo e molte sono frequentate da ragazze. Di età compresa tra gli otto e i 17 anni, la maggior parte impiega tre o quattro anni per completare un’attività che richiede disciplina, devozione e concentrazione.
World Press Photo 2020 a Bari
Presso il teatro Margherita a Bari, dal 1 Ottobre al 1 Novembre, è possibile ammirare alcuni degli scatti vincitori della 63° edizione.
Orari
La mostra è aperta tutti i giorni ai seguenti orari:
Lunedì – Giovedì: 10:30 – 13:30 | 15.30 – 20.30
Venerdì – Domenica: 10:00 – 22:00
Biglietti
È possibile prenotare il biglietto d’ingresso sia online (cliccando qui) che all’ingresso del teatro Margherita.
Costi
TICKET INTERO: € 6,50
UNDER 25 | OVER 65: € 5,00
GIORNALISTI CON TESSERINO: € 5,00
GRUPPI: € 5,00 (minimo 15 persone)
SCUOLE: € 4,50
MARTEDÌ UNIVERSITARIO: € 4,50
DIVERSAMENTE ABILI: INGRESSO GRATUITO
BAMBINI UNDER 12: INGRESSO GRATUITO
GIORNALISTI CON ACCREDITO*: INGRESSO GRATUITO
Puoi trovare ulteriori informazioni sul sito www.worldpressphotobari.it.
Conclusioni
Il pomeriggio trascorso al Teatro Margherita in occasione del World Press Photo è stato un momento forte e inaspettato, caratterizzato da emozioni e profonde riflessioni.
L’esser fermo e immerso nel silenzio dinanzi a questi scatti, mi ha permesso di “toccare con mano” alcune situazioni difficili presenti sul nostro pianeta.
Le immagini vanno ben oltre ciò che i media tradizionali ci raccontano.
I partecipanti al concorso hanno immortalato uno spaccato inedito, diverso da quello a cui siamo abituati. Vanno oltre.
Ogni scatto racconta il dolore, il dramma, la gioia, l’energia.
La mostra è un autentico schiaffo che ti pone davanti agli occhi, in maniera nuda e cruda, le vere e nuove sfide che siamo chiamati ad affrontare: dai cambiamenti climatici, alle guerre, all’evoluzione sociale dell’uomo.
Ti consiglio di non perdere questa grande opportunità. Dopo aver varcato l’ingresso della mostra inizierai un viaggio che potrà solo regalarti un’emozione unica e un momento di forte introspezione.